VAI A: 00:32 Il mostro di Loch Ness

Milioni di persone hanno sentito parlare del mostro di Loch Ness - a Inverness, Scozia -, in migliaia lo hanno visto, un centinaio gli ha dato la caccia, una dozzina l’ha fotografato. Ma nessuno l’ha mai trovato. E il mistero rimane.
In genere l’origine della leggenda si fa risalire al 1933, quando Alex Campbell, corrispondente dell’”Inverness Courier”, riportò la testimonianza dell’avvistamento dell’animale da parte dei proprietari di un albergo presso il lago a Drumnadrochit, e il risultato fu un sorprendente flusso di informazioni su ignoti avvistamenti precedenti, sia vecchi che nuovi.
Il mostro veniva descritto così: “il collo allungato […] che sporgeva dall’acqua di almeno due metri. E poi il corpo, una massa grigia lunga almeno dieci metri che luccicava al sole […]”.

Per molti mesi riempirono le colonne dei giornali, e per la prima volta attirarono sul mostro l’attenzione del mondo al di là dei confini della contea di Inverness. Un certo Rupert Gould, che aveva già pubblicato un libro sui serpenti marini, raccolse assiduamente informazioni a proposito di 47 avvistamenti, illustrati da disegni e fotografie, e propose varie ipotesi sull'identità del mostro, battezzato con simpatia Nessie. Nel corso degli anni si affermò l’ipotesi che il mostro potesse essere un tipo di plesiosauro, considerato da lungo tempo estinto, come il celacanto. Tuttavia, a detta degli scienziati, era più probabile fosse una foca grigia, un’anguilla gigante o addirittura un’orca entrata casualmente dallo stretto passaggio attraverso cui il lago comunica con il mare. Innumerevoli sono stati i tentativi di cattura, dai modi più disparati (c’è stato persino chi ha costruito un mostro femmina e l’ha trascinato per tutto il lago per attirare il mostro), supportati anche da ricompense offerte da circhi e zoo di tutto il mondo.

Dal 1968 varie spedizioni hanno rintracciato con il Sonar la presenza di grossi oggetti sott’acqua. Nell’ottobre del 1987, l’operazione Deepscan impiegò una flotta di ben 20 imbarcazioni munite di Sonar in cerca di insolite attività subacquee. Niente di anomalo risultò alla ricerca. Nel 1992 venne addirittura creata, tramite un nuovo scandagliamento, una dettagliata mappa del fondo lacustre. Ancora niente.

La Scozia vanta indubbiamente il mostro lacustre più celebre, ma non certo l'unico: si possono trovare racconti simili negli Stati Uniti nelle tradizioni dei nativi americani, in Australia nel lago Modewarre (Mod’waar’), in Giappone - dove troviamo il mostro Issie che abita il lago Ikeda- , in Cina e in tutto l’est asiatico.

Per quanto riguarda l’Italia testimonianze e leggende parlano di mostri lacustri in Val d'Aosta (nel torrente Loo), in Lombardia (nelle paludi dell'Adda e nei laghi Maggiore e di Como), in Trentino, nelle paludi romagnole (a Forll c'è un celebre dipinto del Cigoli intitolato "San Mercuriale uccide il DRAGO"), in Liguria, in Abruzzo (del mostro di Atessa, ucciso da San Leucio, è ancora conservata in parrocchia una costola lunga due metri), in Campania, in Sicilia, in Sardegna (il mostro locale si chiama "Scultone" e venne ucciso da San Pietro). Tra gli avvistamenti moderni, ricordiamo quello dell'insidioso "Pesce siluro", gigantesco essere che terrorizzava i pescatori del delta del Po.

VAI A: 04:19 Lo Yeti

Ancora a quelle altezze (tra i 6.000 e i 6.500 metri) incontravamo tracce della neve. Fummo in grado di distinguere quelle di lepri e volpi, ma restammo alquanto perplessi di fronte a una che pareva l'orma di un piede umano. I nostri portatori si dissero certi che fosse l'impronta dell'uomo selvaggio delle nevi, da loro chiamato Metch Kangmi o Yet

È la testimonianza del colonnello Howard-Bury, leader nel 1921 della prima spedizione esplorativa alle pendici dell'Everest. Il colonnello si dichiarava però alquanto scettico· sulla reale esistenza dello Yeti, da lui considerato un mostro di fantasia per spaventare tutt’al più i bambini.

Lo Yeti è sicuramente una delle creature misteriose più conosciute e familiari. Notizie sul suo conto risalgono fino a quattrocento anni fa, tuttavia la sua scoperta da parte del mondo occidentale si fa risalire al secolo scorso.

La prima notizia sullo Yeti era giunta in Europa nel 1832, quando il rappresentante inglese nel regno del Nepal, B.H. Hodgson, riferì che alcuni montanari, da lui incaricati di catturare esemplari della fauna locale, erano stati attaccati dall’uomo selvaggio delle montagne.

Nel 1925 si verificò il primo avvistamento da parte di un europeo, il greco Nicolas Tombazi, fotografo della Royal Geographic Society di Londra. Tombazi si trovava a un'altitudine di 4.500 metri nella regione del ghiacciaio Zemu, e così racconta: “Dapprima il candore accecante delle nevi mi impedì di vedere alcunchè; poi distinsi la cosa che mi era stata indicata due o trecento metri giù nella valle. Senza dubbio, la figura aveva il profilo di un essere umano, camminava eretta e di tanto in tanto si chinava sui cespugli di rododendri. Era scura, contro la neve, e mi pareva non portasse abiti”. Sfortunatamente il geografo non fece in tempo a scattare una foto , perchè la creatura si allontanò rapidissima.

Le uniche prove a favore dell’esistenza dello Yeti sono costituite da impronte, testimonianze di avvistamenti e, in certi casi, reperti anatomici.

I ritrovamenti delle prime impronte risalgono alla fine dell’800, ma il primo avvistamento, che calamitò l’attenzione dei mass media e del mondo occidentale, fu l’orma scoperta da Eric Shapton nel 1951. Di lì seguirono una serie di ricerche che ebbero frutti più o meno indicativi. Si è notato che il piede delle misteriose impronte avrebbe, in confronto a quelle umane, un secondo dito molto più sviluppato. Inoltre alcune orme presentavano dei sottili solchi sotto la pianta e sotto le dita, abbastanza simili a delle impronte digitali, una caratteristica tipica dei primati più evoluti. Nel corso degli anni, oltre alle impronte e alle testimonianze, sono emersi alcuni reperti anatomici che confermerebbero l'esistenza dello Yeti. In questo senso le prove migliori sono state quelle trovate sulle pendici del Massiccio dell’Himalaya, nel monastero di Solu Khumbu, nel Nepal; i monaci custodivano frammenti che dicevano provenire da alcuni Yeti: un pezzo di pelliccia e alcune mani. Le ossa furono poi rubate nel 1991, prima di poter essere analizzate; la pelliccia risultò provenire però da una semplice capra di montagna. Il tutto fece supporre che quei resti altro non erano che semplici monili rituali per riprodurre l’aspetto dello Yeti.

Nel 1997 il celebre esploratore Reinold Messner ha pubblicato un libro dal titolo “Yeti: Leggenda e verità” in cui racconta di aver più volte osservato lo strano essere durante le sue spedizioni in Himalaya. Messner sostiene la tesi secondo la quale lo Yeti altro non sarebbe se non una particolare varietà di orso che ha l'abitudine di camminare in posizione eretta e che, da lontano, può apparire con sembianze umane.

VAI A: 08:24 Il Sasquatch americano

Mio fratello stava dormendo sul sedile posteriore della macchina. D'improvviso mi parve di vedere un uomo che costeggiava la strada. Frenai; solo allora mi resi conto che non si trattava di un essere normale. Era nudo e coperto di lunghi peli. Lo superai lentamente e Kathy si mise a gridare. In quanto a mio fratello continuò imperterrito a dormire.

Questa è la testimonianza del sergente Larry Gamashe, residente nello stato di Washington. Lo sceriffo stava tornando dalla pesca insieme alla moglie Kathy e il fratello.. L'uomo coperto di peli altri non era che Sasquatch, alias "Big Foot", alias "Piedone", misterioso essere irsuto che, contrariamente allo YETI himalayano, è stato avvistato da un gran numero di persone di differente sesso, professione ed estrazione sociale; su di lui esistono persino una rivista, la «Big Foot News», e un Big Foot information Center dedicati ai suoi avvistamenti.

Dal punto di vista fisico, il Sasquatch viene descritto in maniera molto simile allo Yeti europeo-asiatico, tanto da essere considerato da molti della stessa specie, se non addirittura la stessa creatura. Il nome Sasquatch (“uomo peloso”) è stato attribuito dai Chaelis, pellerossa del Nord Ovest, i quali ritenevano di discendere da due stirpi di giganti scomparse dopo una furiosa battaglia molti secoli fa; in effetti essi sono più volte raffigurati nei loro totem rituali. Conosciuto anche come Bigfoot (“Piedone”), tale creatura è tipica del folklore americano, anche perché i centinaia di avvistamenti sono stati tutti circoscritti alle montagne della Columbia Britannica, parte dell’Oregon, dello Stato di Washington e della California del nord.

La prima segnalazione risale al 1811, quando l’esploratore David Thompson ne vide le enormi impronte nella neve. Nel 1884 ne fu addirittura catturato uno, dai frenatori di un treno merci. La notizia fu riportata anche nel numero del 4 luglio 1884 del canadese “Daily Colonist”. L’ominide, a cui fu dato il nome di Jacko, era alto 1 metro e 55, e pesava 45 chili. Pur se coperto di pelliccia nera, aveva sembianze umane. Addirittura, nel 1924, Albert Ostmann disse di essere stato rapito da una famiglia di Sasquatch per alcuni giorni.

Nell'ottobre 1967, nella California del nord, un altro studioso dei Sasquatch, Roger Patterson, riuscì addirittura a filmare la misteriosa creatura. Il suo film ci mostra una femmina di postura eretta, coperta di pelliccia, che si muove in prossimità di una foresta. Grover Krantz, antropologo della Washington State University, ritiene che il filmato girato nel 1967 da Roger Patterson sia la prova più convincente dell’esistenza di Bigfoot. Secondo Krantz, infatti, un uomo travestito da gorilla non sarebbe in grado di riprodurre i gesti e la caratteristica andatura a grandi passi come la creatura che si vede nel filmato. E aggiunge poi che i calchi ricavati da alcune impronte rilevate in quella zona fanno pensare che esse siano state lasciate da un grosso ominide.

VAI A: 11:46 Draghi

Il drago è una delle creature che più affascinano l'uomo; il suo mito è presente in innumerevoli culture, dall'occidente all'oriente, pur con connotazioni e sfumature diverse. In ogni caso essi sono sempre stati descritti come creature simili a enormi serpenti, con grandi arti anteriori e posteriori, dotati di fauci enormi e artigli taglienti. Essi compaiono nelle leggende del passato, ma mentre per la cultura occidentale essi erano considerati l'incarnazione del male, portatori di distruzione e morte, in oriente erano visti come potenti creature sagge e benefiche.

Le prime origini della mitica creatura si possono far risalire alla mitologia mesopotamica. Secondo la leggenda, dall'unione degli Spiriti primordiali Apsu e Tiamat nacquero gli dei, uno dei quali uccise il padre, Apsu. La rabbia di Tiamat (creatura descritta in modo molto simile ad un drago) generò dei mostri, incaricati di perseguitare gli dei. L'eroe Marduk lottò con Tiamat, facendolo sprofondare degli inferi.

Anche gli Egizi avevano il loro drago, Apopi, che veniva sconfitto ogni notte dal Dio Ra, che scendeva negli inferi ogni giorno dopo il tramonto. Nella cultura egizia viene sottolineata la malvagità della creatura. Sono stati poi i Greci a introdurre il motivo del fuoco, con il titano Tifone, sconfitto da Zues in un duro combattimento. Vuole la leggenda che Tifone non sia morto, ma continui ad esalare fuoco e fiamme; questa sarebbe la genesi dell'Etna secondo la mitologia greca. Con la caduta dei greci e l'avvento dell'impero romano i draghi rimasero nell'immaginario collettivo del tempo come simbolo di virilità, di forza, di potenza. Nel Centro-Europa di loro si ritornerà a parlare nel medioevo. Ma in questo lasso di tempo essi non erano scomparsi, erano semplicemente emigrati a Nord, dove, secondo le cronache, avrebbero devastato la Scandinavia e la Russia, facendo nascere eroi come Beowulf.

A differenza dei draghi occidentali i draghi d'Oriente sono creature esistenti sin dalla notte dei tempi, pacifiche e amiche dell'uomo. Secondo tali tradizioni furono loro ad originare la vita, a governare la forza della natura, in attesa che l'uomo crescesse ed evolvesse.

A volte dotati di ali, a volte rossi o neri, i draghi nascono come animale mitico in Occidente durante il Medioevo, presenti non solo nei tanti bestiari dai contenuti fantastici, ma anche nei trattati di scienze naturali del '500 e del '600.
Essi erano simboli di lotta e di guerra, tanto che la loro immagine veniva spesso usata come araldo in battaglia come simbolo di forza. Ma non solo, sono innumerevoli i documenti antichi contenenti descrizioni dettagliate sull'aspetto e sulle loro abitudini. Secondo molti la loro estinzione sarebbe dovuta proprio ai cavalieri erranti, avventurieri e cacciatori che cercando di compiere gesta eroiche li avrebbero cercati e poi uccisi. Non solo, i loro resti (dalla pelle alle ossa) erano ritenuti oggetti magici, dotati di poteri soprannaturali; ciò potrebbe spiegare il fatto che non sia stata mai trovata alcuna traccia. Non sono pochi coloro che sostengono la reale esistenza dei draghi, come lo scrittore Peter Dickinson, il naturalista svizzero Konrad Gesner.

Anche in Italia non mancano le testimonianze. Ad esempio, nel 1572 un medico bolognese, Ulisse Aldrovandi, descrisse in modo molto particolareggiato un draghetto ucciso nei dintorni di Bologna. Lo stesso medico descrive anche il ritrovamento del 1499 in Svizzera di un drago molto più lungo, e di un'altro ritrovamento, in Francia, di un drago alato, portato poi al cospetto del Re Francesco I. Un altro sarebbe stato sconfitto addirittura dalla Madonna a Terravecchia, in Calabria, e San Leucio incatenò il drago di Atessa (Chieti). San Gottardo, in Trentino, avrebbe sconfitto addirittura un basilisco, una specie di drago ma dai poteri differenti, come quello di pietrificare esseri viventi solo con lo sguardo.

VAI A: 16:07 San Giorgio e il Drago

Il più famoso uccisore di draghi è sicuramente San Giorgio, santo protettore dell'Inghilterra, immortalato anche dallo splendido dipinto di Paolo Uccello. Della sua vita si sa ben poco, originario della Palestina, fu ucciso durante le persecuzioni di Diocleziano intorno al 287 d.C. Nel XII secolo, importata dai Crociati, cominciò a circolare la leggenda secondo la quale San Giorgio, giunto a Silene (Libia), avrebbe ucciso un drago in procinto di divorare una principessa legata ad uno scoglio. Giorgio diventò l'uccisore di draghi per eccellenza, e fu adottato come patrono inglese da Edoardo III intorno al 1348.

Ci sono anche altre versioni, però, come quella narrata nel "Liber Notitiae Sanctorum Mediolanii". Essa racconta invece che San Giorgio avrebbe vissuto in Brianza. Un drago imperversava da Erba fino in Valassina, facendo strage tra le greggi. Quando ebbe divorato tutti gli animali, la gente di Cravenna cominciò a offrirgli come cibo i giovani del villaggio, di volta in volta estratti a sorte. Capito però che anche la principessa Cleodolinda di Morchiuso diventò una vittima, e fu legata presso una pianta di Sambuco. San Giorgio arrivò in suo soccorso e offrì dei dolci al drago per addolcirlo. Il drago seguì San Giorgio fino al villaggio, dove il Santo lo decapitò con un sol colpo. In ricordo di quell'evento, ancora oggi il 24 aprile, giorno di San Giorgio, in Brianza si preparano i "Pan meitt de San Giorg", dolci di farina gialla e bianca, latte, burro e fiori essiccati di sambuco. Per questo il grande San Giorgio, patrono dell'Inghilterra, dei soldati, degli Scouts e di Ferrara, è anche protettore dei lattai lombardi, che usavano tenere un altarino in suo onore nel negozio.

VAI A: 18:08 Il Licantropo

La credenza che gli uomini possano avere il potere di tramutarsi in animali feroci attraverso riti magici volontari o involontari è decisamente antica, e la possiamo ritrovare in tantissime culture. Altrettanto antica è la genesi di creature metà umane e metà ferine (pensiamo ad esempio al Minotauro), e altrettanto antica è la consuetudine, soprattutto da parte di popoli primitivi o che vivono a stretto contatto con la natura, di coprirsi con pelli di animali per semplicemente per coprirsi, come simbolo di potere o per acquistare magicamente le caratteristiche dell'animale. La figura del licantropo, uomo lupo o lupo mannaro, deriva da tutte queste considerazioni.

Non sempre l'abbinamento uomo e lupo ha una connotazione negativa, perché il lupo è anche simbolo di forza, agilità e abilità di cacciatore. Tanto che diverse popolazioni si vantavano di discendere direttamente dal lupo (pensiamo ad alcune popolazioni barbare o, in Italia ai Lucani, termine derivante dal greco "lykes", ovvero lupo). Altre volte, però prevalgono i concetti di bestialità, di ferocia. Il lupo, soprattutto per la cultura contadina ha una connotazione fortemente negativa. Esso è la bestia che uccide le greggi, che può attaccare l'uomo, e da questo deriva la sua figura cattiva usata soprattutto come monito per i bambini (pensiamo anche alle favole, e al luogo comune del "lupo cattivo").

Secondo la tradizione, l'uomo lupo subisce una trasformazione in seguito all'influsso della luna piena. Quando gli uomini cominciarono ad addomesticare canidi simili ai lupi per usarli nella caccia, notarono che essi erano soliti ululare alla luna. Nel tempo i concetti di luna, di caccia, di lupo si intrecciarono in mitologie sempre più complesse. Ad esempio la dea della Luna era spesso fusa con la dea della caccia (Diana nei miti romani, Artemide in quelli greci, Ishtar in quelli babilonesi), e i suoi cani da caccia erano spesso uomini che lei stessa aveva tramutato in lupi. Spesso il licantropo non è consapevole del suo stato, e non ricorda le sue trasformazioni e i delitti di cui si macchia; chi è morso da questo diviene a sua volta un licantropo (tema in comune con figure come il vampiro). Ma è possibile ucciderli, attraverso proiettili benedetti, meglio se d'argento.

La figura del lupo mannaro nasce prevalentemente in Europa, diffondendosi soprattutto nel Medioevo con le leggende e i miti provenienti dalla Scandinavia, dalla Francia, dalla Germania, dalla Sicilia e dalla Grecia, ma possiamo trovare analogie con gli uomini-tigre o gli uomini-iena della cultura africana e negli uomini-giaguaro di quella sud-americana. Nelle cronache, soprattutto medievali, non mancano casi di processo a uomini-lupo. Era l'epoca della caccia alle streghe, ed in tanto furore di repressione diabolica anche molti lupi mannari furono condannati al supplizio ed al rogo. Peter Stump, giustiziato in GErmania nel 1598, confessò di aver ricevuto dal demonio il potere di trasformarsi in lupo. Per 25 anni, egli si era nutrito di carne umana, uccidendo centinaia tra donne e bambini, compreso il suo stesso figlio. Nella Francia dell'epoca, il principale esperto di lupi mannari era l'implacabile giudice Henry Boguet, che operava in Borgogna. Fu lui a mandare al rogo Gilles Garnier, assassino di bambine noto come l'eremita di St. Bonnot, ed un'intera famiglia di licantropi, i Gandillon, che anche chiusi in cella ululavano e camminavano a quattro zampe. Diverso fu il caso di Jean Grenier, un pastorello di 13 anni della regione di Bordeaux, che si vantava di trasformarsi in lupo e di uccidere in quella forma cani, pecore e bambine. Si scoprì che di notte, in preda a raptus probabilmente epilettici, si vestiva di pelli e girava nei boschi ringhiando e ululando. Fu risparmiato al rogo e affidato al convento francescano di Bordeaux.

La medicina ha più volte cercato di spiegare il fenomeno della licantropia. Da un punto di vista psicologico, essa può rientrare in una patologia in cui chi ne è affetto, crede di diventare un lupo, amplifica la sua forza e la sua ferocia, e mostra un atteggiamento ferino, digrignando i denti, e ringhiando. A questo proposito, uno dei casi più famosi è quello riferito a Bill Ramsey, capomastro di Southend, nella contea inglese di Essex, che nel 1987 venne ritrovato mentre ringhiava e ululava come un lupo. Venne sottoposto a perizie mediche nonché a pratiche esorcistiche.
C'è anche da considerare che sono ben note patologie cutanee che riguardano uno sviluppo pilifero abnorme, come l'impetigine, che danno a chi ne è affetto un inconsueto aspetto "bestiale".

Un caso famoso è il russo Jojo, che fu portato in giro per il mondo come freak nei circhi di inizio secolo. Egli era presentato proprio come "uomo lupo", e non è sbagliato dire che la sua immagine contribuì a formare una versione "moderna" sull'aspetto dell'uomo lupo.
Non è fuori luogo pensare che chi mostrasse un aspetto simile in epoche e in contesti dove l'ignoranza e al superstizione erano parte integrante della cultura popolare, potesse essere scambiato per un uomo-animale, con tutto ciò che ne consegue.

VAI A: 23:02 L’Uomo Falena

Uomo falena (o Mothman in inglese) è il nome con cui viene chiamata una misteriosa creatura, secondo una leggenda metropolitana diffusasi negli Stati Uniti. La creatura sarebbe stata ripetutamente avvistata nella cittadina di Point Pleasant, nella Virginia Occidentale fra il novembre 1966 e il dicembre 1967. I presunti testimoni avrebbero descritto l'apparizione come una specie di essere umano dagli occhi rossi rifrangenti, dotato di ali e di una velocità eccezionale.

Il primo avvistamento della creatura sarebbe avvenuto il 12 novembre 1966. Un gruppo di cinque uomini, intenti ad allestire una tomba in un cimitero vicino a Clendenin, vide "una figura umana di colore marrone dotata di ali" sollevarsi in aria dagli alberi vicini. Questo avvistamento non venne riportato subito, ma solo dopo alcuni giorni, in seguito ad altre segnalazioni.

L'avvistamento successivo, relativo al 15 novembre, coinvolse due coppie sposate di Point Pleasant: Roger e Linda Scarberry e Steve e Mary Mallette. Stavano passando in automobile nei pressi di una fabbrica di TNT, in disuso dalla seconda guerra mondiale, quando videro due strane luci rosse all'ombra di un vecchio generatore accanto al cancello. Avvicinatisi, si resero conto che le luci erano gli occhi luccicanti di un grosso animale "dalla forma di un uomo, ma più grosso, fra i sei e mezzo e sette di piedi di altezza (circa due metri), con grandi ali ripiegate sulla schiena". Terrorizzati, fuggirono verso la città, seguiti per un certo tratto dalla creatura in volo. Giunti a Mason County, raccontarono l'accaduto al vicesceriffo Millard Halstead. La notte successiva, il 16 novembre, alcuni cittadini locali muniti di armi si misero alla ricerca di segni e tracce della creatura nella zona circostante la vecchia fabbrica, ma l'insolita battuta di caccia non portò a nessun risultato.

Nel frattempo i coniugi Wamsley, con sua figlia Teena e suo figlio, si misero in viaggio in automobile per far visita ad alcuni amici. Giunti a destinazione, una località molto vicina ai luoghi dei precedenti avvistamenti, notarono una figura misteriosa comparire alle loro spalle. Lo descrissero come un grosso essere grigiastro, con occhi rossi emittenti luce, intento a cercare qualche cosa a terra. Il signor Wamsley telefonò alla polizia, mentre l'essere, raggiunto il portico dell'abitazione, scrutò all'interno attraverso una finestra.

Gli avvistamenti aumentavano e tutti i testimoni riportavano una descrizione dell’essere sempre simile e coerente. Fu un cronista della stampa locale che, riportando l'episodio, battezzò la misteriosa creatura "Mothman", per analogia con Batman (di cui all'epoca stava andando in onda negli Stati Uniti la serie televisiva).

Le apparizioni di Mothman - come rileva Giuliana Gelati in un articolo per il Cicap - cessarono qualche tempo prima del crollo del Silver Bridge, ponte che collegava Point Pleasant a Kanauga, avvenuto il 15 dicembre 1967. Secondo alcuni, le apparizioni di Mothman preannunciavano l'imminente disastro.

Alcuni autori della celebre rivista americana Skeptical Inquirer, nei numeri di marzo e aprile 2002 ritennero che la spiegazione più plausibile al fenomeno fosse che i testimoni si erano semplicemente sbagliati, scambiando per una creatura misteriosa un gufo o un barbagianni, probabilmente di una specie di grandi dimensioni come il gufo reale, le cui dimensioni possono arrivare fino a 80cm di altezza ed un’apertura alare di 2 metri e mezzo. In ogni caso l’uomo falena è entrato di diritto nell’immaginario collettivo moderno tanto da far dedicare una scultura e un museo dedicato nella cittadina di Point Pleasant, nonché fumetti, libri e alcuni film anche molto recenti.