Siamo sulla vetta del Monte Sibilla, nell'appennino al confine tra Marche e Umbria. Secondo la leggenda, qui si nasconde una grotta, all’interno della quale abiterebbe - forse ancora oggi - la Sibilla e il suo regno fatato.

Oggi, l’ingresso della grotta è crollato e appare inaccessibile.
Una figura che nasce dalla leggenda ma che ha influenzato il corso della storia.
Non solo il monte, ma tutto l'intero Parco dei Monti Sibillini è legato a questa leggendaria maga. Imperatori, poeti, esploratori, per secoli si sono recati in quella montagna.
Cosa cercavano? Chi era veramente la Sibilla? E’ veramente esistita?

Le Sibille sono le antiche profetesse del mondo classico, legate ai principali centri del Mediterraneo. Secondo la tradizione erano sacerdotesse vergini ispirate da un dio - spesso Apollo - in grado di fare profezie e predizioni. I loro responsi avevano spesso una forma ambigua e poco chiara. Ecco perché ancora oggi si usa l’aggettivo “sibillino” per indicare qualcosa di ambiguo e difficile da interpretare. Ma della Sibilla appenninica non c’è traccia nella tradizione classica. Appare misteriosamente, e quasi all’improvviso, nel periodo medievale. E appare proprio qui, in questo territorio.

Quale che sia la sua origine, nel Medioevo i Sibillini sono stati, grazie a lei, luogo di pellegrinaggi di santi e avventurieri, negromanti e cavalieri, che si recavano nel suo antro alla scoperta soprattutto di loro stessi.

Ho raggiunto Michele Sanvico, fisico e scrittore, considerato come il maggiore esperto della tradizione leggendaria di questi luoghi, e autore del libro “L’Undicesima Sibilla”.

Antoine de la Sale parte quindi dalla Borgogna e si reca fisicamente all’esplorazione di questi luoghi. Secondo le sue cronache nel maggio 1420 si fece accompagnare alla gotta dagli abitanti del luogo.
E’ probabilmente sua una delle primissime descrizioni della Grotta della Sibilla.
Ecco come 600 anni fa si presentava a lui:

L’ingresso è piccolo e ha la forma di uno scudo, acuto sopra e largo sotto, c’è davanti una roccia, e chi vuole entrarvi deve abbassarsi molto e muoversi a carponi. Discendendo con i piedi avanti si entra in un cameretta quadrata, nella quale sono intagliati intorno dei sedili.

La grotta è ancora qui, anche se purtroppo oggi è visibile solamente un cumulo di rocce e risulta inaccessibile. Nel 1948 il geologo Lippi Boncampi effettuò uno studio geologico del posto elaborando la prima relazione ufficiale sullo sviluppo della grotta della Sibilla, corredandola anche di planimetrie e descrizioni tecniche.
Purtroppo da lì a poco, a seguito di terremoti e tentativi maldestri di riaprire la grotta anche con l’utilizzo di esplosivi, questa risultò del tutto inaccessibile dagli anni ‘60 in poi.

L’Università di Camerino, nei primi anni 2000, effettuo una serie di studi a livello geologico della zona in prossimità della vetta. I loro studi, pur con alcuni limiti, confermano comunque l’esistenza di strutture ipogee nella zona circostante la “Grotta della Sibilla”, che fanno presupporre ad un articolato sviluppo di cavità nel sottosuolo, con gallerie lunghe fino a 150 metri.

Sono tornato da Michele Sanvico per capire meglio cosa si nasconde dietro la leggenda e soprattutto da dove viene questa tradizione, dato che prima di questi racconti del ‘400 sembra non esserci traccia della Sibilla appenninica nelle cronache storiche.

C’è quindi un filo letterario che lega i Sibillini all’Irlanda. Il filosofo Cesare Catà ha approfondito questa relazione anche nel suo saggio “Filosofia del Fantastico”, del 2012.

L’associazione di questi luoghi alla tradizione celtica irlandese fa pensare subito ad uno dei principali eventi musicali nato proprio qui: il festival di Montelago, ormai diventato un evento conosciuto in tutta Europa. Ho contattato Maurizio Serafini, cofondatore con Luciano Monceri del festival nonché grandi musicisti, fondatori tra gli altri degli Ogam, formazione che dedicò circa 20 anni fa un intero concept album alla Sibilla.

Come suggerito da Maurizio tra i vari elementi che possono aver contribuito alla leggenda della Sibilla potrebbero esserci anche i culti arcaici della Terra Madre.
Il culto della grande madre, che si perde nella notte dei tempi, è in effetti un punto di riferimento importante per la storia dell’uomo.. Secondo molti studiosi la figura della Sibilla sarebbe ispirata da un’antica divinità orientale, Cibele, immedesimazione della Grande Madre.
Quasi sempre queste figure femminile legate al mondo del mito sono dotate di poteri magici.

Anche la Sibilla è una maga potente, e questo riporta alla memoria una maga altrettanto leggendaria e potente: Morgana, la sorella di Re Artù. Questa associazione tra le due figure in realtà trova dei riscontri molti interessanti secondo le ricerche di Sanvico.

Come mai questi luoghi hanno attratto questi racconti e queste leggende così antiche?
Forse la risposta si trova a poca distanza, all’interno dello stesso massiccio montuoso, sotto la vetta del Monte Vettore, dove si trova un lago di origine glaciale: Il Lago di Pilato.
Secondo la leggenda in quelle acque sarebbe finito il corpo di Ponzio Pilato, giustiziato per non aver impedito la crocifissione di Gesù. Il suo ultimo desiderio era che il suo corpo fosse messo un carro trainato da due bufali. Il carro partì da Roma e in qualche modo arrivò fino ai Monti Sibillini, per poi gettarsi nelle acque del lago.

Sono due leggende completamente diverse, ma forse sono collegate in qualche modo.
E tempo di mettersi in marcia e andare ad esplorare anche questa altra parte dei Sibillini.
Nel prossimo episodio approfondiremo la leggenda del Lago di Pilato e cercheremo di capire come forse tutto possa essere collegato, e soprattutto cosa si nasconde veramente dietro queste leggende.