Nella notte del 6 dicembre 1978, un normale metronotte genovese, Pier Fortunato Zanfretta, vive un'esperienza strana e scioccante: un incontro diretto con delle mostruose creature aliene. Sembrerebbe un racconto di fantascienza, neanche tra i più ricercati, eppure questo è l’inizio di una delle storie di abduction - il fenomeno dei cosiddetti rapimenti alieni - più incredibili di sempre, con una portata non solo locale o nazionale, ma addirittura internazionale. I deliri di un pazzo? Non è così semplice, non stavolta.

Tutto ha inizio nella zona di Torriglia, un piccolo centro sulle alture dell’entroterra genovese.
E’ la notte tra il 6 e il 7 dicembre 1978, Pier Fortunato Zanfretta è un giovane metronotte di 26 anni, sposato con due bimbi piccoli. E’ alla guida della sua 127 di ordinanza e sta facendo il suo solito giro di controllo. Sono zone di montagna, le strade sono ghiacciate, le case isolate, ma lui le conosce bene, le ha percorse tantissime volte.
E’ quasi mezzanotte quando scorge alcune luci in prossimità di una villa chiamata “Casa Nostra”, del medico genovese Ettore Righi. Decide di avvicinarsi quando improvvisamente il motore e i fari della sua auto si spengono, e così anche la radio, forse un guasto improvviso.
Zanfretta continua a vedere delle luci in movimento, e pensa ci siano i ladri.
Prenda una torcia e la pistola di ordinanza e si avvicina a piedi. Alcuni movimenti intorno alla casa e poi l’improvvisa apparizione di fronte a lui di una creatura mostruosa, alta circa tre metri.
Zanfretta scappa, torna alla sua auto e cerca di chiamare la centrale per chiedere aiuto. Nel frattempo vede una grande luce triangolare alzarsi dietro la casa e prendere il volo.
Poi, probabilmente, perde i sensi.
Zanfretta viene ritrovato dopo oltre un'ora dai suoi colleghi, a circa 80 metri dalla sua auto, in un fortissimo stato di choc, con il corpo e i vestiti caldi nonostante il freddo di quella notte. Il fatto viene immediatamente denunciato ai carabinieri, che fanno partire un’inchiesta. Vengono anche fatti dei rilevamenti vicino alla villa. Agli atti risulta anche il rilevamento di una grossa impronta semicircolare a terra. “Terreno notasi impronta diametro metri due circa, forma ferro di cavallo”, come riporta il rapporto.

Ecco come lo stesso Zanfretta descrisse quell’episodio pochi anni dopo ai microfoni di Rai 2 nel 1984

Sulla stampa la notizia esce il giorno dopo, e subito attira l’attenzione in particolare di un giornalista, Rino di Stefano, storico giornalista del quotidiano “Il Giornale” fondato da Indro Montanelli. Al tempo di Stefano era un giovane professionista, quasi coetaneo di Zanfretta.
Quella storia lo incuriosisce e decide di approfondire.
Sarà lui da lì in avanti a documentare tutte le esperienze del metronotte genovese, che poi elaborerà qualche anno dopo in un libro: “Il Caso Zanfretta”, del 1984. Ecco come lo stesso di Stefano descriveva in quegli anni il suo interesse al caso.

E’ proprio di Stefano che propone a Zanfretta di sottoporsi a delle sedute di ipnosi regressiva, una pratica che al tempo godeva di un forte interesse, con l’obiettivo di ricostruire e capire cosa fosse realmente successo. Zanfretta acconsentì subito, e la sera del 23 dicembre era già sdraiato e ipnotizzato sul lettino del medico genovese Mauro Moretti. Le sedute furono molte, e tutte vennero regolarmente documentate e registrate.

In quelle sedute Zanfretta raccontava cose che normalmente non ricordava, raccontava soprattutto come fosse preso da quelle creature, portato nelle loro navi e degli esperimenti a cui veniva sottoposto. Così il medico Mauro Moretti ricorda questa esperienza ai microfoni di Rai 2 nel 1984

A venti giorni dalla prima esperienza, nella notte tra il 27 e il 28 dicembre, Zanfretta sparisce ancora. Sempre di notte, sempre nello stesso orario della volta precedente.

L’auto su cui viaggiava Zanfretta viene ritrovata dopo oltre un'ora su uno spiazzo della strada di montagna che porta all'abitato di Rossi. Il primo a vedere Zanfretta fu il brigadiere Travenzoli. Tremava e piangeva, tra i cespugli. Nonostante la pioggia e il freddo, il metronotte aveva il viso e gli abiti asciutti. L’auto era stranamente calda, soprattutto sul tettuccio. Accanto all'auto, chiarissime, alcune orme gigantesche, a suola concava, lunghe oltre 50 centimetri.
E’ in questa occasione che anche i soccorritori di Zanf retta iniziano ad essere testimoni di strani fenomeni: macchine che si spengono improvvisamente e strane luci. Così lo ricordava pochi anni dopo il caposervizio Giovanni Cassibba.

In seguito al secondo episodio di presunto rapimento, l’azienda di vigilanza per cui lavora Zanfretta decide di cambiargli zona, assegnandolo alla zona di Quarto a Genova, e di affidargli un altro mezzo, una vespa. Passano alcuni mesi e arriva l’estate, quando il 30 luglio 1979 il metronotte rimane vittima di un terzo rapimento. In quell’occasione Zanfretta sparì di nuovo. I colleghi ritrovarono lo scooter sulla cima del monte Fasce, alle spalle della città di Genova, e Zanfretta a quasi due chilometri di distanza, che correva nell’oscurità.
Come poteva essere riuscito a raggiungere quel luogo senza essere visto, considerando che l’unica via di accesso al monte era controllata da un guardiano notturno che ne bloccava la strada con la sua auto?

Il 2 dicembre del 1979 un nuovo rapimento. Durante la solita sessione di ipnosi, divenuta nel frattempo un elemento costante dopo le sue strane esperienze, raccontò che questi esseri erano stati sopra la Spagna dove avevano spaventato delle persone. La coincidenza fu che il giorno dopo, il 4, nelle redazioni di tutti i giornali si diffuse la notizia secondo cui in Spagna, nei pressi di Barcellona, alcuni dischi volanti avevano inseguito delle auto. Come faceva Zanfretta a conoscere i particolari di quella notizia prima ancora che fosse stata diffusa?

Del caso Zanfretta si occupò intensamente la stampa nazionale ed estera. Tutto il mondo ufologico internazionale si dimostrò particolarmente interessato ai suoi resoconti, considerati tra i più clamorosi e i più interessanti. Nel maggio 1984 proprio a Genova fu organizzato il Convegno Internazionale di Ufologia, dove fu uno dei protagonisti.
Lo stesso Zanfretta fu ospite in numerose trasmissioni televisive, come Italia Sera e Sereno Variabile. In una di queste occasioni, nel 1984, era presente anche Giovanni Cassibba, il suo caposervizio, che commentava in questo modo questi episodi.

Nella stessa trasmissione intervenne anche Giorgio Gianniotti, neuropsichiatra, che aveva avuto modo di analizzare Zanfretta, su richiesta dell’istituto di vigilanza per il quale lavorava, già dopo le sue prime strane esperienze. L’azienda voleva chiaramente verificare che Zanfretta fosse nel pieno delle sue facoltà per poter svolgere il proprio lavoro.

A capo dell’inchiesta c’è il carabiniere Antonio Nucchi, comandante della stazione di Torriglia, che già il 3 gennaio 1979 aveva inviato alla Pretura unificata di Genova un rapporto informativo perché venissero presi provvedimenti.
Durante la loro inchiesta i carabinieri avevano inoltre trovato numerosi testimoni, più di 50, che testimoniarono di aver visto strane luci in corrispondenza dei luoghi interessati dai rapimenti di Zanfretta. Dopo circa un anno, nel 1980, il caso “Zanfretta”, almeno a livello di indagine, venne archiviato per "mancanza di estremi di reato". Fino a quel momento erano 7 gli episodi documentati delle sue esperienze.
E’ una storia strana, quella di Zanfretta. Se non ci fossero così tanti elementi a dargli supporto sarebbe facile liquidarla come semplici deliri, magari rielaborazioni di alcune fantasie.
Tutto ha inizio, l’abbiamo detto, alla fine del 1978. Nei primi mesi di quell’anno era uscito al cinema “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, di Steven Spielberg, che ebbe un grandissimo successo. E poi quelle creature che descrive Zanfretta, il cui aspetto ricorda tantissimo “Il mostro della laguna nera”, un vecchio film degli anni ‘50.

La zona di Genova poi è storicamente ricca di racconti su draghi e serpenti marini, come gran parte dei territori di mare, del resto. Alcune cronache negli annali storici di Nizza riportano che nell'anno 1608 ci fu l'apparizione nel mare di strani mostri, molto simili a quello descritto da Zanfretta. Si racconta che avessero forma umana ma col corpo tutto coperto di squame e con la testa che sembrava quella di un drago. Tanto fu lo spavento che la Signoria della città fece portare dei cannoni e con la speranza di farli scappare, spararono ben 800 colpi di cannone, ma invano. E’ anche su questo terreno di storie e leggende che dopo tutto nasce un recente lungometraggio della Pixar, “Luca”, ambientato proprio sulla costa ligure delle Cinque Terre, che racconta una buffa storia di creature marine e del loro rapporto con gli umani.

Ma il caso Zanfretta mnon è così semplice, non è un film.
E sono in tanti a raccontare cose strane.
Certo, le creature, i dischi, li ha visti solo lui, ma ci sono le macchine che si fermano, le luci, a volte i segni sul terreno....
Da tutta questa storia poi Zanfretta non ha guadagnato nulla, anzi.
Già nei primi anni ‘80, in seguito alle sue avventure notturne, il questore di Genova gli sospese senza ufficiale motivazione il porto d' armi, portandolo da lì a poco a perdere il lavoro.
Col tempo perse anche la vicinanza con la propria famiglia e molti amici, considerandolo pazzo, se ne allontaneranno. Il peso di queste esperienze è troppo anche per loro.

Mauro delle Piane, un ex collega di Zanfretta, è tornato recentemente su uno dei luoghi dei suoi ritrovamenti, e ai microfoni della Radiotelevisione Svizzera ha raccontato la sua esperienza di quegli anni.

C’è infatti dell’altro nella vicenda Zanfretta. Pare che gli alieni responsabili dei suoi rapimenti ad un certo punto gli abbiano affidato un misterioso artefatto, custodito in una stanza a cui può accedere solamente lui attraverso un portale.
L’oggetto è custodito all’interno di un cubo metallico e sarebbe una sfera trasparente contenente un tetraedro dorato che ruoterebbe in sospensione.
Ecco come l’ha racconto di recente lo stesso Zanfretta alla Radiotelevisione Svizzera

Sembra quindi che il destinatario di questo strano oggetto, provato anche a fotografare invano dallo stesso Zanfretta in alcune occasioni per dimostrarne la sua esistenza, fosse stato Josef Allen Hynek, personaggio che lui disse di aver conosciuto solo in un secondo momento.

Lo statunitense Hynek fu uno dei più conosciuti ufologi, professore di astronomia, fu il protagonista del Progetto Blue Book, come consigliere scientifico dal 1952 al 1969.
Il progetto Blue Book fu l’ultimo di una serie di studi sistematici condotti dall’aeronautica militare americana , tra il 1947 e il 1969, sugli avvistamenti di oggetti volanti non identificati, in buona parte dell’America e dell’Europa. L’obiettivo del progetto era verificare se gli UFO costituissero una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Il progetto venne abbandonato nel ‘69 dopo che un’apposita commissione dichiarò che negli oltre 20 anni di studi non aveva prodotto nulla di rilevante dal punto di vista scientifico. Oggi gran parte di quegli studi è disponibile in rete per una consultazione libera.
Fu proprio Hynek a sviluppare la scala degli incontri ravvicinati, per poter meglio catalogare i vari resoconti UFO da lui analizzati. Nei suoi ultimi anni divenne sempre più critico dell'ipotesi extraterrestre degli UFO, ritenendo improbabile e,a suo dire ridicolo, il fatto che civiltà di altri pianeti affrontino distanze enormi per fare cose così semplici. “Dobbiamo guardare più vicino a casa” scriveva.
Hynek morì nell’aprile 1986, e Zanfretta, pur tentando di mettersi in contatto con lui, non riuscì a coinvolgerlo, e il peso di custodire la misteriosa scatola sarebbe rimasto sulle sue spalle per oltre 40 anni, fino a oggi.

Oggi Zanfretta è stanco, il peso di tutta questa storia ha condizionato gran parte della sua vita, e la sua unica speranza è quella che gli esseri si mostrino pubblicamente per dimostrare la verità.

Tutte le persone che hanno avuto modo di conoscere Zanfretta hanno una cosa in comune sopra ogni altra: sono assolutamente concordi nel descriverlo come una persona sincera.
E quindi? Cosa gli è veramente successo?

L’ipnosi regressiva potrebbe aver avuto un ruolo cruciale. Oggigiorno questa pratica è considerata una tecnica non affidabile, è tecnicamente una pseudoscienza, perchè non ha valore scientifico. Operando con questa metodologia infatti c’è il forte rischio che vengano indotti, anche involontariamente, falsi ricordi. I racconti che emergono con queste pratiche possono essere creati dal subconscio sotto l'influenza delle informazioni e dei suggerimenti forniti dal terapeuta, o come espressione di fantasia, ansie, paure e di fatto non sarebbero distinguibili dai reali ricordi, e potrebbero addirittura apparire più vivi di quelli reali. Con l’ipnosi regressiva insomma, realtà e fantasia si mischiano nella mente e non si riescono più a distinguere. E in questa impossibilità di andare oltre il mistero di Piero Fortunato Zanfretta rimane ancora senza soluzione...